Storia

Musei civici, storia di una istituzione

 

Il 1869 è l’anno in cui il Consiglio Comunale di Camerino delibera l’istituzione della Pinacoteca, la data è rilevante perché testimonia la precocità del provvedimento, rispetto soprattutto ad altri Comuni della provincia maceratese, per i quali l’allestimento di musei rimane spesso, per anni, una velleitaria dichiarazione d’intenti.

 

L’istituzione del museo è resa possibile grazie all’opera di due uomini di grande sensibilità culturale: il canonico Milziade Santoni e il vice-segretario comunale Vittorio Emanuele Aleandri. La prima raccolta pubblica di opere d’arte si costituisce in seguito alle tante acquisizioni dal demanio di dipinti provenienti dalle soppresse corporazioni religiose; il Comune, nel 1888, per dare concretezza al progetto di conservare in un luogo pubblico le memorie della famiglia Varano che, in passato, aveva reso Camerino una città prospera e ricca, decide l’acquisto di una collezione di quadri già proprietà dei discendenti del ramo ferrarese della famiglia.

 

La quadreria dei da Varano era stata venduta dagli eredi della famiglia a un ricco e colto banchiere, Giuseppe Cavalieri conoscitore e amatore di cose d’arte e di storia, disposto a farne cessione al Municipio che delibera pertanto di acquistarla. Nel contratto stipulato tra il canonico Milziade Santoni, Ispettore governativo e Commissario provinciale dei Monumenti, e il Cavalieri, si stabilisce di vendere al Municipio di Camerino 44 dipinti, provenienti dalla Galleria Varano, più una copia in pergamena dell’investitura ducale di Giovanni Maria Varano, per un valore complessivo di lire 4640.

 

Tuttavia, i quadri provenienti dall’eredità dei da Varano di Ferrara dopo l’acquisto vengono abbandonati in una stanza del Palazzo Municipale. Anche i dipinti provenienti dalle soppresse corporazioni religiose vengono accantonati nel grande magazzino del Comune nell’ex monastero di S. Salvatore; è solo intorno ai primi anni del Novecento che si individua nell’ex chiesa dell’Annunziata la sede per realizzare il Museo e la Pinacoteca con il duplice obiettivo di salvare i numerosi oggetti d’arte e difendere da manomissioni la chiesa stessa.

 

Tra i dipinti su tavola conservati nel palazzo comunale si trovava “quello pregevolissimo” del Convento degli Osservanti detto di Spermento: l’Annunciazione, per il cui possesso il Comune aveva sostenuto e vinto, proprio nel mese di giugno del 1903, una causa durata 30 anni contro la Signora Venanza Claudi in Mori. La signora ne era venuta in possesso grazie all'acquisto dal demanio della chiesa detta di Spermento nel 1877 insieme ai “pochi e logori effetti mobili” che vi si rinvennero, senza tener conto che il regio decreto del 1866 sottraeva alla alienazione gli oggetti d’arte così come i libri, i manoscritti, gli archivi e anche gli arredi sacri. 

 

Nella relazione presentata al Consiglio del 1903, il marchese Ferdinando Zucconi sottolinea fortemente l’importanza e il dovere di tutelare il patrimonio artistico locale, testimonianza del passato, della storia e della cultura locale: “... iniziativa che torna a vanto e decoro del nostro paese. Non c’è chi non veda infatti come sia un vero dovere per noi quello di conservare religiosamente gli edifici e gli oggetti aventi pregio artistico...” Il Consiglio Comunale a voti unanimi, approva la proposta di realizzare la Pinacoteca e il Museo. Il 13 settembre del 1903, in concomitanza con i festeggiamenti per l’apertura della ferrovia elettrica che collega Camerino alla stazione ferroviaria di Castelraimondo, viene inaugurata nel tempio ducale dell’Annunziata e aperta al pubblico la sede del Museo civico con gli oggetti d’arte e di antichità posseduti dal Comune o ceduti da privati cittadini che così contribuiscono con le loro donazioni ad arricchire la raccolta.

 

Nel 1921 il Soprintendente alle Gallerie delle Marche, Luigi Serra, opera purtroppo un’abbondante selezione del materiale raccolto nell’Annunziata, restituendo quanto da lui ritenuto non pertinente – in genere tutte le opere posteriori al secolo XVI – ai proprietari privati, alla chiesa di San Venanzio, al monastero di Santa Chiara, e peggio, confinando a deteriorarsi nelle soffitte del palazzo pubblico, o della Rocca Borgesca, oggetti che appartenevano al Comune, al palazzo Arcivescovile, alla chiesa di San Filippo e alle confraternite religiose. All’entrata in guerra dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, dipinti e affreschi distaccati dalla Pinacoteca sono trasferiti per motivi di sicurezza nel Palazzo arcivescovile e, nel 1956, al palazzo comunale. I trasferimenti che si susseguono da una sala all’altra per i restauri del palazzo comunale o per esigenze logistiche, nonché l’inadeguatezza climatica dei vari ambienti, non poterono non procurare notevoli danni al patrimonio pittorico. La collezione archeologica non ha miglior fortuna: durante la seconda guerra mondiale tutta la collezione, insieme al medagliere, è riposta nella Biblioteca Valentiniana a quel tempo in un’ala del Palazzo ducale, e solo nel 1957, viene riordinata ed esposta in due vetrine nelle sale di lettura della biblioteca stessa.

 

Successiva sede delle collezioni è l’ex chiesa di San Francesco. Il Comune anche per salvaguardare il più antico monumento della città - l’ex chiesa di San Francesco (XIII sec.) - da un uso improprio quale la destinazione a palestra di pattinaggio e a magazzino del carcere, sollecita l’allora Soprintendenza ai Monumenti di Ancona affinché si adoperi per il necessario consolidamento e adattamento così da destinarlo a nuova sede delle collezioni civiche. L’edificio storico è quindi ceduto dallo Stato in simbolico affitto al Comune. I lavori iniziano nel 1959 e terminano nel 1971. La Pinacoteca e le collezioni archeologiche vengono ricomposte nella duecentesca chiesa di San Francesco e nuovamente esposte in modo unitario nel 1975. L’inaugurazione ufficiale avviene il 22 maggio del 1975: Mons. Giacomo Boccanera con passione e generosità insieme al fratello architetto Angelo ne cura la realizzazione. Nell’ampia navata vengono esposte la raccolta archeologica, tavole ed affreschi tra cui i due preziosi cicli pittorici acquisiti dall’amministrazione comunale nel 1973: la Cappella di Patullo e l’edicola Malvezzi.

 

La sede di San Francesco presenta comunque problemi per una corretta conservazione e fruizione delle collezioni; l’opportunità di restaurare e recuperare, grazie all’utilizzo di specifici fondi europei per sedi museali, il duecentesco complesso conventuale di San Domenico - da anni in avanzato stato di abbandono - spinge L’Università e il Comune a destinare il complesso a sede dei Musei civici e del Museo universitario di Scienze naturali. Il nuovo allestimento si inaugura il 23 dicembre del 1997, come primo segno di resurrezione dopo il grave evento sismico dello stesso anno.

 

L’attuale allestimento della Pinacoteca risale al maggio 2003, a conclusione dei lavori di recupero dell’intero complesso conventuale; in seguito all’acquisizione di nuovi spazi è così possibile riunire in un percorso cronologico e ragionato tutte le opere.

 

Al primo piano, nell’ala est, trova collocazione la raccolta pittorica più antica con le testimonianze dei pittori camerinesi. Nell’ala ovest viene ricomposta, dopo un accurato restauro, la quadreria varanesca prima divisa tra la Pinacoteca e la sala consigliare del palazzo comunale. Nella galleria sono trasferite, dal palazzo comunale, le sculture di classica raffinatezza di Bruno Bartoccini. A piano terra, nell’ala nord, vengono trasferite le collezioni archeologiche: il loro riordino definitivo e la pubblicazione della relativa guida avviene il 28 maggio 1999.

 

Il 2002 è l’anno d’oro della Pinacoteca che si trova al centro di un evento culturale di risonanza internazionale quale la mostra Il Quattrocento a Camerino, Luce e prospettiva nel cuore della Marca. La mostra, con importanti novità attributive, è venuta a conclusione di un triennio di studi e ricerche che ha riproposto alla giusta attenzione dei critici la produzione figurativa fiorita a Camerino fra Tre e Quattrocento, che tanto aveva affascinato Bernard Berenson, Roberto Longhi e Federico Zeri, ma che era stata a lungo studiata anche da Bernardino Feliciangeli, Giuseppe Vitalini Sacconi e dall’indimenticato don Angelo Antonio Bittarelli che tanto ha contribuito a valorizzarla.

 

Nel 2006 la straordinaria rassegna di scultura lignea Rinascimento scolpito, Maestri del legno tra Marche e Umbria ha concluso il lungo lavoro di ricerca sulla scultura nella ‘terra di confine’ tra Marche e Umbria di cui Camerino è stata ‘capoluogo’ arrivando a mettere a fuoco figure di artisti, identificare modi e ambiti di botteghe protagonisti insieme ai pittori, di una sorprendente produzione artistica del rinascimento camerte.

 

Nel 2007 viene allestita la Mostra Archeologia urbana a Camerino. 2000 anni di frequentazioni al Pino Argentato (secoli V a.C. - XVI d.C.) in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni archeologici delle Marche, in cui si espongono i reperti, studiati e restaurati, rinvenuti in città durante i lavori di consolidamento post-sisma.

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